Freud e la formazione dello psicanalista

Consigli per il medico nel trattamento psicanalitico (1912)

[…] Anni fa, alla domanda su come si potesse diventare un analista, risposi: “Attraverso l’analisi dei propri sogni.” Certo, questa preparazione è sufficiente per molte persone, ma non per tutte quelle che vorrebbero apprendere l’analisi. Peraltro, non tutte riescono a interpretare i propri sogni senza l’aiuto altrui. Tra i molti meriti della scuola analitica di Zurigo annovero quello di aver asseverato tale condizione e di averla posta nel requisito che colui che voglia realizzare l’analisi su altri si sottoponga egli stesso preliminarmente a un’analisi con un esperto. Chi si propone seriamente questo compito deve scegliere questa via, che promette più di un vantaggio; il sacrificio che comporta l’aprirsi a una persona estranea, senza la costrizione della malattia, viene ampiamente ricompensato. Non solo si realizzerà in un tempo molto più breve e con minore dispendio affettivo il proprio intento di conoscere ciò che della propria persona è nascosto, ma sulla propria pelle si ricaveranno anche impressioni e convincimenti che sarebbe vano sperare dallo studio dei libri e dall’ascolto di conferenze. Infine non va nemmeno tenuto in poco conto il guadagno ricavato dal durevole rapporto psichico che tende a prodursi fra l’analizzato e colui che lo introduce [all’analisi].

 

Lettera ad Arnold Durig (1924)

Posso certo pensare che non vi sia alcuna possibilità di interdire ai medici incapaci l’esercizio della psicanalisi, cosa che rimane riservata agli sforzi degli analisti stessi e alla cultura del pubblico.

D’altra parte non si tratta di riservare l’addestramento psicanalitico e l’esercizio della psicanalisi esclusivamente alla classe medica. Non è così per diverse ragioni. Sebbene la psicanalisi sia cresciuta su un terreno medico, da tempo non è più una faccenda meramente medica. I suoi metodi, i suoi presupposti e i suoi risultati sono diventati significativi per una serie di scienze umane come la mitologia, la storia della letteratura, la storia della religione, la storia della civiltà e addirittura indispensabili per la pedagogia. A tutti coloro che sono interessati non si può bloccare l’accesso alla psicanalisi. In psicanalisi esperienza e convinzione vengono invece acquisite facendosi analizzare ed esercitando l’analisi su altri.

 

Prefazione a “Gioventù traviata” di A. Aichhorn (1925)

[…] Questo libro del Direttore August Aichhorn si occupa di una parte di questo grande problema, e cioè dell’influenza educativa sulla gioventù traviata. Prima di conoscere la psicoanalisi, l’autore se ne era occupato a lungo, avendo operato per molti anni con la carica di direttore di istituzioni pubbliche destinate al loro recupero. Il suo caloroso atteggiamento nei confronti di questi giovani bisognosi di cure nasceva da una viva partecipazione alla loro sorte ed era correttamente guidato da un’intuitiva immedesimazione nei loro bisogni psichici. Da un punto di vista pratico la psicoanalisi poteva insegnargli poco di nuovo, ma gli fornì delle nitide intuizioni teoriche che giustificavano il suo comportamento e lo mettevano in grado di sostenerlo di fronte agli altri. Questo dono della comprensione intuitiva non lo si può presupporre in ciascun educatore. Dalle esperienze e dai risultati del Direttore Aichhorn possiamo trarre, a mio parere, due avvertimenti. Prima di tutto che l’educatore deve essere istruito psicanaliticamente, altrimenti l’oggetto dei suoi sforzi, il bambino, rimane un enigma inattingibile. Una tale istruzione la si raggiunge al meglio quando l’educatore stesso si sottopone a un’analisi, facendone esperienza sulla propria pelle. Nell’analisi l’insegnamento teorico non scava abbastanza in profondità e non produce alcun convincimento.

 

La questione dell’analisi laica (1926)

[…] Nel dare ai nostri allievi un insegnamento teorico in psicanalisi, possiamo osservare quanta poca impressione facciamo all’inizio su di loro. Accolgono le dottrine analitiche con la stessa freddezza con cui hanno accolto le altre astrazioni di cui si son nutriti. Alcuni vorrebbero forse essere convinti, ma non c’è traccia che lo siano. Allora pretendiamo anche che chiunque voglia esercitare l’analisi sugli altri, si sottoponga prima egli stesso a un’analisi. Solo nel corso di questa “autoanalisi” (come ambiguamente viene chiamata), solo dopo aver vissuto effettivamente sulla propria pelle – si dovrebbe dire più correttamente: sulla propria anima – i processi asseriti, i nostri allievi acquisiscono le convinzioni da cui più tardi saranno guidati in quanto analisti. Come potrei allora aspettarmi di convincere dell’esattezza delle nostre teorie Lei, l’imparziale, al quale posso sottoporre solo un’esposizione incompleta, abbreviata e quindi poco trasparente, delle stesse senza che Lei possa corroborarla con le sue proprie esperienze personali?

 

Analisi finita e infinita (1937)

[…] Ma dove e come il poveretto può acquisire quell’idoneità ideale di cui abbisogna nella sua professione? La risposta è: nella propria analisi, con cui comincia la sua preparazione alla sua futura attività. Per motivi pratici essa non potrà che essere breve e incompleta, avendo come scopo principale quello di permettere all’insegnante di giudicare se il candidato può essere ammesso a proseguire la formazione. La sua opera è compiuta quando porta l’allievo alla sicura convinzione dell’esistenza dell’inconscio; quando, con l’affiorare del rimosso, gli comunica le altrimenti incredibili percezioni di sé e gli mostra, alla prima prova, la sola tecnica che si è rivelata valida nell’attività analitica.

 

Yayoi Kusama, Infinity Mirrors (2018)
Yayoi Kusama, Infinity Mirrors (2018)

Di seguito i testi originali.

Ratschläge für den Arzt bei der psychoanalytischen Behandlung (1912)

[…] Vor Jahren erwiderte ich auf die Frage, wie man ein Analytiker werden könne: Durch die Analyse seiner eigenen Träume. Gewiß reicht diese Vorbereitung für viele Personen aus, aber nicht für alle, die die Analyse erlernen möchten. Auch gelingt es nicht allen, die eigenen Träume ohne fremde Hilfe zu deuten. Ich rechne es zu den vielen Verdiensten der Züricher analytischen Schule, daß sie die Bedingung verschärft und in der Forderung niedergelegt hat, es solle sich jeder, der Analysen an anderen ausführen will, vorher selbst einer Analyse bei einem Sachkundigen unterziehen. Wer es mit der Aufgabe ernst meint, sollte diesen Weg wählen, der mehr als einen Vorteil verspricht; das Opfer, sich ohne Krankheitszwang einer fremden Person [383] eröffnet zu haben, wird reichlich gelohnt. Man wird nicht nur seine Absicht, das Verborgene der eigenen Person kennen zu lernen, in weit kürzerer Zeit und mit geringerem affektiven Aufwand verwirklichen, sondern auch Eindrücke und Überzeugungen am eigenen Leibe gewinnen, die man durch das Studium von Büchern und Anhören von Vorträgen vergeblich anstrebt. Endlich ist auch der Gewinn aus der dauernden seelischen Beziehung nicht gering anzuschlagen, die sich zwischen dem Analysierten und seinem Einführenden herzustellen pflegt.

 

Brief an Arnold Durig (1924)

Ich kann mir zwar denken, dass es keinerlei Möglichkeit gibt, unfähigen Ärzten die Ausübung der Psychoanalyse zu untersagen, das bleibt den Bemühungen der Analytiker selbst und der Aufklärung des Publikums vorbehalten.

Anderseits geht es nicht an, die Unterweisung in der Psychoanalyse und die Ausübung derselben ausschliesslich für den ärztlichen Stand zu reservieren. Aus mehreren Gründen nicht. Die Psychoanalyse, obwohl auf medizinischem Boden erwachsen, ist längst keine bloss medizinische Angelegenheit mehr. Ihre methode, Voraussetzungen und Ergebnisse sind bedeutungsvoll für eine Reihe von Geisteswissenschaften geworden, so für Mythologie, Literaturgeschichte, Religionsgeschichte, Kulturgeschichte, und geradezu unentbehrlich für die Pädagogik. Man darf allen, die daran interessiert sind, den Zugang zur Psychoanalyse nicht versperren. Erfahrung und Überzeugung in der Psychoanalyse wird aber dadurch erworben, dass man sich selbst analysiert lässt und an anderen die Analyse ausübt.

 

Geleitwort zu Verwahrloste Jugend von August Aichhorn (1925)

[…] Das vorliegende Buch des Vorstandes A. Aichhorn beschäftigt sich mit einem Teilstück des großen Problems, mit der erzieherischen Beeinflussung [566] der jugendlichen Verwahrlosten. Der Verfasser hatte in amtlicher Stellung als Leiter städtischer Fürsorgeanstalten lange Jahre gewirkt, ehe er mit der Psychoanalyse bekannt wurde. Sein Verhalten gegen die Pflegebefohlenen entsprang aus der Quelle einer warmen Anteilnahme an dem Schicksal dieser Unglücklichen und wurde durch eine intuitive Einfühlung in deren seelische Bedürfnisse richtig geleitet. Die Psychoanalyse konnte ihn praktisch wenig Neues lehren, aber sie brachte ihm die klare theoretische Einsicht in die Berechtigung seines Handelns und setzte ihn in den Stand, es vor anderen zu begründen.
Man kann diese Gabe des intuitiven Verständnisses nicht bei jedem Erzieher voraussetzen. Zwei Mahnungen scheinen mir aus den Erfahrungen und Erfolgen des Vorstandes Aichhorn zu resultieren. Die eine, daß der Erzieher psychoanalytisch geschult sein soll, weil ihm sonst das Objekt seiner Bemühung, das Kind, ein unzugängliches Rätsel bleibt. Eine solche Schulung wird am besten erreicht, wenn sich der Erzieher selbst einer Analyse unterwirft, sie am eigenen Leibe erlebt. Theoretischer Unterricht in der Analyse dringt nicht tief genug und schafft keine Überzeugung.

 

Die Frage der Laienanalyse (1926)

[…] Wenn wir unseren Schülern theoretischen Unterricht in der Psychoanalyse geben, so können wir beobachten, wie wenig Eindruck wir ihnen zunächst machen. Sie nehmen die analytischen Lehren mit derselben Kühle hin wie andere Abstraktionen, mit denen sie genährt wurden. Einige wollen vielleicht überzeugt werden, aber keine Spur davon, daß sie es sind. Nun verlangen wir auch, daß jeder, der die Analyse an anderen ausüben will, sich vorher selbst einer Analyse unterwerfe. Erst im Verlauf dieser »Selbstanalyse« (wie sie mißverständlich genannt wird), wenn sie die von der Analyse behaupteten Vorgänge am eigenen Leib – richtiger: an der eigenen Seele – tatsächlich erleben, erwerben sie sich die Überzeugungen, von denen sie später als Analytiker geleitet werden. Wie darf ich also erwarten, Sie, den Unparteiischen, von der Richtigkeit unserer Theorien zu überzeugen, dem ich nur eine unvollständige, verkürzte und darum undurchsichtige Darstellung derselben ohne Bekräftigung durch Ihre eigenen Erfahrungen vorlegen kann?

 

Die endliche und die unendliche Analyse (1937)

[…] Wo und wie soll aber der Ärmste sich jene ideale Eignung erwerben, die er in seinem Berufe brauchen wird? Die Antwort wird lauten: in der Eigenanalyse, mit der seine Vorbereitung für seine zukünftige Tätigkeit beginnt. Aus praktischen Gründen kann diese nur kurz und unvollständig sein, ihr hauptsächlicher Zweck ist, dem Lehrer ein Urteil zu ermöglichen, ob der Kandidat zur weiteren Ausbildung zugelassen werden kann. Ihre Leistung ist erfüllt, wenn sie dem Lehrling die sichere Überzeugung von der Existenz des Unbewußten bringt, ihm die sonst unglaubwürdigen Selbstwahrnehmungen beim Auftauchen des Verdrängten vermittelt und ihm an einer ersten Probe die Technik zeigt, die sich in der analytischen Tätigkeit allein bewährt hat.

 

Di Davide Radice

Consulente strategico, psicanalista e appassionato traduttore di Freud.

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